RAPPORTO SULL'OGADEN


di Arthur Rimbaud

Agente di Mazeran, Viannay e Bardey

a Harar (Africa Orientale)






Ecco le informazioni riportate dalla nostra prima spedizione nell'Ogaden.
Ogaden è il nome di un insieme di tribù di origine somala e della regione che esse occupano e che generalmente si trova delimitata sulle carte tra le tribù somale degli Habr-Gerajis, Dolbahanta, Migiurtini e Hauiya a nord, a est e a sud. A ovest, l'Ogaden confina con i Galla, pastori Ennia, fino all'Uabi, e poi il fiume Uabi lo separa dalla grande tribù Oromo degli Arussi.
Ci sono due strade che portano dall'Harar all'Ogaden: una a est della città, verso il Bursuche, e a sud del monte Condudo attraverso l'Uar-Alì, comprende tre stazioni fino ai confini dell'Ogaden.
È la strada che ha seguito il nostro agente Sotiro; e la distanza da Harar al punto in cui si è fermato nel Rer Hersi è uguale alla distanza da Harar a Biocaboba sulla strada per Zeila, cioè circa centoquaranta chilometri. Questa strada è meno pericolosa e c'è acqua.
L'altra strada si dirige a sud-est di Harar attraverso il guado del fiume Errèr, il mercato di Babilli, gli Uara Heban, e quindi fra le tribù predatrici somalo-galla dell'Hauiya.
Il nome di Hauiya sembra designare in particolare le tribù formate da un miscuglio di Galla e di Somali, e ne esiste una frazione a nord-ovest, sotto l'altipiano dell'Harar, una seconda a sud di Harar sulla strada dell'Ogaden, e infine una terza molto numerosa a sud-est dell'Ogaden, verso Sahel, tre frazioni che sono dunque assolutamente separate e apparentemente senza parentela.
Come tutte le tribù somale che le circondano, gli Ogadini sono del tutto nomadi e il loro paese è completamente privo di strade o di mercati. Anche dall'esterno non ci sono vere strade che portino lì, e le strade tracciate sulle carte, dall'Ogaden a Berbera, Mogadiscio (Magadoxo) o Brava, devono semplicemente indicare la direzione generale del traffico.
L'Ogaden è un altipiano di steppe quasi senza ondulazioni, digradante generalmente a sud-est: la sua altezza deve essere appena la metà di quella (milleottocento metri) del massiccio dell'Harar.
Il clima è quindi più caldo di quello dell'Harar. Ci sarebbero, sembra, due stagioni di piogge, una in ottobre l'altra in marzo. Le piogge sono allora frequenti, ma piuttosto leggere.
I corsi d'acqua dell'Ogaden sono privi d'importanza. Se ne contano quattro, tutti che scendono dal
massiccio dell'Harar: uno, il Fafan, ha la sorgente nel Condudo, scende attraverso il Bursuche (o Barsub), fa un'ansa in tutto l'Ogaden, e va a gettarsi neU'Uabi nel punto chiamato Faf, a metà strada da Mogadiscio; è il corso d'acqua più importante dell'Ogaden. Due altri piccoli fiumi sono: l'Errèr, che nasce pure dal Garo Condudo, contorna Babilli e riceve a quattro giorni a sud dell'Harar, fra gli Ennia, il Gobelli e il Mogio discesi dagli Ala, per sfociare poi neU'Uabi in Ogaden, nella regione di Nokob; e la Dacata, che nasce nell'Uara Heban (Babilli) e scende all'Uabi probabilmente in direzione dell'Errèr.
Le forti piogge del massiccio dell'Harar e del Bursuche devono provocare nell'Ogaden superiore flussi torrentizi passeggeri e leggere inondazioni che, al loro apparire, richiamano da queste parti i gum pastori. Nella stagione asciutta, si ha, invece, un movimento generale di ritorno delle tribù verso l'Uabi.
L'aspetto generale dell'Ogaden è dunque quello di una steppa di erbe alte, con lacune pietrose; gli alberi, almeno nella parte esplorata dai nostri viaggiatori, sono tutti quelli dèi deserti somali: mimose, alberi della gomma, ecc. Tuttavia, nei pressi dell'Uabi, la popolazione è sedentaria e agricola. Coltiva comunque quasi unicamente dura [sorgo] e si serve pure di schiavi originali degli Arussi e altri Galla dall 'altra parte del fiume. Anche una frazione della tribù dei Malingur, nell'Ogaden superiore, pianta occasionalmente dura come ci sono qua e là alcuni villaggi di Sheikhash coltivatori.
Come tutti i pastori di queste regioni, gli Ogadini sono perennemente in guerra con i vicini e fra loro.
Gli Ogadini hanno tradizioni piuttosto lunghe delle loro origini. Ci ricordiamo soltanto che originariamente discendono tutti da Rer Abdallah e Rer Ishay (Rer significa: figli, famiglia, casata; in galla si dice Varrà). Rer Abdallah ebbe come discendenti Rer Hersi e Rer Hammaden: queste sono le due principali famiglie dell'Ogaden superiore.
Rer Ishay generò Rer Ali e Rer Arun. Questi rer si suddividono quindi in innumerevoli famiglie secondarie. Il complesso delle tribù visitate da Sotiro appartiene alla discendenza di Rer Hersi, e si chiamano Malingur, Aial, Ugha, Sementar, Magan.
Le diverse divisioni degli Ogadini sono comandate da capi chiamati ughaz. L'ughaz di Malingur, il nostro amico Ornar Hussein, è il più potente dell'Ogaden superiore e sembra avere autorità su tutte le tribù fra l'Habr-Gerajis e l'Uabi. Suo padre giunse nell'Harar al tempo di Rauf Pascià che gli fece dono di armi e indumenti. In quanto a Ornar Hussein, non è mai uscito dalle sue tribù dove è famoso come guerriero, e si accontenta di rispettare l'autorità egiziana a distanza.
Del resto, gli Egiziani sembrano considerare gli Ogadini, come d'altronde tutti i Somali e i Dankali, loro sudditi o piuttosto alleati naturali in quanto musulmani, e non hanno alcuna intenzione di invadere i loro tenitori.
Gli Ogadini, almeno quelli che abbiamo visto noi, sono di alta statura, generalmente più rossi che neri; stanno con la testa scoperta e i capelli corti, si avvolgono in vesti abbastanza pulite, sulla spalla portano la sigada [tappeto per pregare di uso mussulmamo], sull'anca la sciabola e la borraccia per le abluzioni, in mano il bastone, la grande e la piccola lancia e calzano sandali.
L'occupazione giornaliera è quella di andare ad accovacciarsi a gruppi sotto gli alberi, a una certa distanza dall'accampamento, e, armi alla mano, deliberare indefinitamente sui loro vari interessi di pastori. A parte queste sedute, il pattugliamento a cavallo durante l'abbeveraggio e le razzie presso i loro vicini, sono completamente inattivi. Ai bambini e alle donne è lasciato il compito del bestiame, della preparazione degli utensili domestici, della costruzione delle capanne, dell'allestimento delle carovane. Gli utensili sono i vasi per il latte tipici della Somalia, e le stuoie di cammello che, montate su bastoni, costituiscono le case dei gasia (villaggi) provvisori.
Alcuni fabbri girano per le tribù e fabbricano i ferri di lance e pugnali.
Gli Ogadini non conoscono alcun minerale da loro.
Sono musulmani fanatici. Ogni accampamento ha il suo imam che canta la preghiera nelle ore prescritte. In ogni tribù ci sono gli uodad (letterati); costoro conoscono il Corano e la scrittura araba e sono poeti improvvisatori.
Le famiglie ogadine sono molto numerose. L'abban di Sotiro aveva sessanta figli e nipoti. Quando la sposa di un Ogadino partorisce, questi si astiene da ogni rapporto con lei finché il bambino non sia capace di camminare da solo. Naturalmente, ne sposa una o parecchie altre nell'intervallo, ma sempre con le stesse riserve.
I loro armenti sono costituiti da buoi con la gobba, montoni a pelo raso, capre, cavalli di razza inferiore, cammelle da latte, e infine da struzzi il cui allevamento è una consuetudine di tutti gli Ogadini. Ogni villaggio possiede qualche dozzina di struzzi che pascolano a parte, sotto la sorveglianza dei bambini, dormono perfino accanto al fuoco nelle capanne, e, maschi e femmine, le cosce legate, vanno in carovana al seguito dei cammelli di cui raggiungono quasi l'altezza.
Vengono spiumati tre o quattro volte all'anno, e ogni volta se ne ricava mezza libbra di piume nere e una sessantina di piume bianche. I proprietari di struzzi li tengono in grande considerazione.
Gli struzzi selvatici sono numerosi. Il cacciatore, coperto da una spoglia di struzzo femmina, trafigge di frecce il maschio che si avvicina.
Le piume morte hanno meno valore delle piume vive. Gli struzzi addomesticati sono stati catturati da piccoli, dato che gli Ogadini non permettono agli struzzi di riprodursi in cattività.
Gli elefanti non sono né molto numerosi, né di grossa taglia, nel centro dell'Ogaden. Tuttavia vengono cacciati sul Fafan, e il vero punto d'incontro, il posto dove vanno a morire, è tutta la riva dell'Uabi. Lì, vengono cacciati dai Don, popolazione somala mista a Galla e Suaheli, agricoltori stabilitisi sul fiume. Cacciano a piedi e uccidono con le loro enormi lance. Gli Ogadini cacciano a cavallo: mentre una quindicina di cavalieri tiene occupato l'animale di fronte e sui fianchi, un cacciatore esperto taglia, a colpi di sciabola, i garretti posteriori dell'animale.
Si servono anche di frecce avvelenate. Questo veleno, chiamato uabay e usato in tutta la Somalia, è fatto con le radici di un arbusto, pestate e bollite. Ne mandiamo un frammento. Secondo quanto dicono i Somali, il suolo nei dintorni di questo arbusto è sempre coperto di spoglie di serpenti, e tutti gli altri alberi che stanno intorno rinsecchiscono. Tuttavia tale veleno agisce piuttosto lentamente, poiché gli indigeni feriti da queste frecce (sono anche armi da guerra) amputano la parte lesa e si salvano.
Le bestie feroci sono abbastanza rare nell'Ogaden. Gli indigeni comunque parlano di serpenti, tra cui una specie cornuta, di cui perfino il soffio è mortale. Gli animali selvaggi più comuni sono le gazzelle, le antilopi, le giraffe, i rinoceronti, la cui pelle serve per fabbricare scudi. L'Uabi ha tutti gli animali dei grandi fiumi: elefanti, ippopotami, coccodrilli, ecc.
Esiste presso gli Ogadini una razza di uomini considerata inferiore e piuttosto numerosa, i Mitgani (Tsigani); sembrano appartenere totalmente alla razza somala di cui parlano la lingua. Si sposano solo tra loro. Sono soprattutto loro che si occupano della caccia agli elefanti, agli struzzi, ecc.
Sono sparsi fra le tribù e, in tempo di guerra, requisiti come spie e alleati. L'Ogadino mangia l'elefante, il cammello e lo struzzo, e il Mitgano mangia l'asino e gli animali morti, cosa che costituisce peccato.
I Mitgani esistono e hanno villaggi molto popolosi anche presso i Dankali dell'Auàsc, dove sono rinomati cacciatori.
Un'usanza politica e una festa degli Ogadini è la convocazione delle tribù di un certo centro, ogni anno, a un giorno fisso.
La giustizia è amministrata in famiglia dagli anziani e in generale dagli ughaz.
A memoria d'uomo, non avevano mai visto nell'Ogaden una quantità di merci così considerevole come le poche centinaia di dollari spedite da noi. È vero che quel poco che abbiamo portato di là ci costa molto caro, perché la metà delle nostre merci è necessariamente svanita in regali alle nostre guide, abban, ospiti in ogni luogo e su ogni strada e l'ughaz in persona ha ricevuto da noi qualche centinaio di dollari di abbaia [cordone che ferma il copricapo musulmano] dorati, immah [mussola bianca utilizzata per la confezione del turbante] e regali di ogni sorta che però ce l'hanno veramente ingraziato, e qui sta la buona riuscita della spedizione. C'è proprio da congratularsi con Sotiro per la saggezza e diplomazia che ha dimostrato in questo caso. Mentre i nostri concorrenti sono stati inseguiti, maledetti, depredati e assassinati e sono stati inoltre con la loro stessa sventura causa di guerre terribili fra tribù, noi abbiamo stretto alleanza con l'ughaz e ci siamo fatti conoscere in tutto il Rer Bersi.
Ornar Hussein ci ha scritto a Harar e ci aspetta per scendere con lui e tutti i suoi gum fino all'Uabi, che dista soltanto qualche giornata dalla nostra prima stazione.
Questo in effetti è il nostro scopo. Uno di noi, o qualche indigeno energico dalla nostra parte, potrebbe raccogliere in alcune settimane una tonnellata di avorio che si potrebbe esportare direttamente attraverso Berbera in franchigia. Alcuni Habr-Aual, partiti per l'Uabi con qualche soda o tob uilayeti [drappo di cotone, tipica veste dei somali] in spalla, portano a Bulhar centinaia di dollari di piume. Alcuni asini caricati in tutto di una decina di pezzi "sheeting" hanno reso quindici frassule [unità di misura etiope] di avorio.
Siamo quindi decisi a creare una base sull'Uabi, e questa base sarà ali'incirca nel punto chiamato Eimeh, grande villaggio permanente situato sulla riva ogadina del fiume a otto giorni di distanza da Harar in carovana.

Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)