Ai piedi di oscuri muri, picchiando i magri cani,
Au pied des sombres murs, battant les maigres
chiens,
Delahaye raccontò che a scuola Rimbaud gli leggeva i suoi versi, ma che li aveva quasi tutti dimenticati. Stando al racconto confuso di Delahaye, sembra che questi versi appartenessero a una satira, e che Rimbaud ne avesse scritti parecchi, «imitati dal Lutrin», aggiunge Delahaye. Nel 2008 Geneviève Hodin ha fatto notare che i versi sono una rielaborazione dei versi della poesia La Cuve d’Auguste Barbier: «Battant les maigres chiens, ou le long des grands murs» [picchiando i magri cani, lungo i grandi muri]. Rimbaud, dunque, potrebbe aver semplicemente citato un verso Barbier, oppure averne fatto oggetto di una delle sue "parodie". Hodin sostiene inoltre che vi sono diversi passaggi nelle poesie di Rimbaud che sembrano ispirarsi ai versi di Barbier.
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Dietro trasaliva in singulti grotteschi
Nel ventre del portiere una rosa inghiottita.
Derrière tressautait en des hoquets grotesque
une rose avalée au ventre du portier.
È ancora Delahaye che ha conservato questi due versi. Si tratterebbe di un nuovo custode della scuola di Charleville, «che non si poteva quasi mai vedere senza un fiore in bocca».
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Bruna aveva sedici anni quando la maritarono.
. . . . . . . . . . . . .
Poiché ama d'amore il figlio diciassettenne.
Brune, elle avait seize ans quand on la
maria.
. . . . . . . . . . . . .
Car elle aime d'amour son fils de dix-sept ans.
Questi due versi sono gli unici due che Delahaye abbia tramandato dei venti o trenta di una poesia che Rimbaud gli aveva letto nell'aprile o nel maggio 1871. Si trattava, disse, di un «romanzetto semplice e molto condensato». Delahaye aveva conservato la memoria soltanto del primo e dell'ultimo verso.
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LAMENTO
DEL VECCHIO MONARCHICO
AL SIGN. HENRI PERRIN, GIORNALISTA REPUBBLICANO
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . Avete mentito,
Sul femore mio! Mentiste, fulvo
Apostolo! Vorreste fare di noi degli spiantati?
Ho ben due femori, io, deformati e scolpiti!
Poiché voi trasudate ogni volta in collegio
Sul sollo della giacca di che far frittelle,
E siete un mascherone da dentista, al maneggio
Un cavallo spelato che sbava in un cartoccio,
Credete di cancellare i miei quarant'anni di seggio!
Ho il mio femore! il femore! il mio femore!
Quello che da quarant'anni deformo
Sull'orlo in duro noce della mia amata sedia;
L'impronta del legno vi soggiorna per sempre;
E quando scorgerò, io, il tuo membro impuro,
A tutti i tuoi abbonati, buffone, alle abbonate
Che tra le mani stringono quel membro floscio,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Io farò ritoccare, per tutti i domani,
Quel femore da quarant'anni travagliato!
LA PLAINTE
DU VIEILLARD MONARCHISTE
À MINSIEUR HENRI PERRIN, JOURNALISTE RÉPUBLICAIN
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Vous avez
Menti, sur mon fémur ! Vous avez menti, fauve
Apôtre ! Vous voulez faire des décavés
De nous ? Vous voudriez peler notre front chauve?
Mais moi, j’ai deux fémurs bistournés et gravés!
Parce que vous suintez tous les jours au collège
Sur vos collets d’habit de quoi faire un beignet,
Que vous êtes un masque à dentiste, au manège
Un cheval épilé qui bave en un cornet,
Vous croyez effacer mes quarante ans de siège!
J’ai mon fémur ! J’ai mon fémur! J’ai mon fémur!
C’est cela que depuis quarante ans je bistourne
Sur le bord de ma chaise aimée en noyer dur;
L’impression du bois pour toujours y séjourne;
Et quand j’apercevrai, moi, ton organe impur,
A tous tes abonnés, pitre, à tes abonnés,
Pertractant cet organe avachi dans leurs mains,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
Je ferai retoucher, pour tous les lendemains,
Ce fémur travaillé depuis quarante années!
A detta di Delahaye, Rimbaud inviò il componimento in versi cui apparteneva questo frammento a Henri Perrin, redattore capo del «Nord-Est», giornale repubblicano di Charleville. Poiché il «Nord-Est» aveva cominciato ad apparire il 1° luglio 1871, il componimento è necessariamente posteriore a questa data. Rimbaud doveva sperare che questa satira dei monarchici sarebbe stata accettata in un giornale repubblicano. I suoi versi tuttavia non furono pubblicati, e ci sono giunti grazie a Delahaye.
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[IL LAMENTO DEI DROGHIERI]
Entri nel suo negozio quando la luna si specchia
Nelle vetrine azzurre,
Impugni sotto i nostri occhi la cicoria in scatola
[LA PLAINTE DES ÉPICIERS]
Qu’il entre au magasin quand la lune miroite
A ses vitrages bleus,
Qu’il empoigne à nos yeux la chicorée en boîte
Anche questo componimento poetico era destinato, secondo Rimbaud, ad apparire nel «Nord-Est». I bottegai monarchici si spaventavano dell'audacia di questo giornale repubblicano e del suo redattore capo, Perrin. Vedevano in costui un capo di briganti, che poteva penetrare di forza nei loro magazzini e ordinare il saccheggio.
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. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sono
. . . . . . . . [barili] . . . . . . . . che si sfondano?
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . No!
È un capocuoco ronfante come un fagotto.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sont-ce
. . . . . . . . [des tonneaux] . . . . qu'on défonce?
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Non!
C'est un cheuf cuisinier ronflant comme un basson.
* * *
. . . . . . In mezzo a ori, porcellane e quarzi,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . un banale pitale,
Indecente reliquia di vecchie castellane,
Incurva i fianchi turpi sul mogano regale.
. . . . . Parmi les ors, les quartz, les porcelaines,
. . . . . . . . . . . . . . un pot de nuit banal,
Reliquaire indécent des vieilles châtelaines,
Courbe ses flancs honteux sur l'acajou
royal.
Un vecchio amico di Rimbaud, Paul Labarrière, aveva ricevuto da lui un quaderno di poesie. Lo perse verso il 1885, ma ne conservava alcuni ricordi, che confidò a Jules Mouquet, il quale li fece conoscere in un articolo sul «Mercure de France» del 15 maggio 1933. Sono i quattro testi seguenti: Sont-ce..., Parmis les ors..., Oh! les vignettes pérennelles!, e, infine, Et le poete sotìl engueu-lait l'Univers.
* * *
Oh! le vignette perenni!
Ô! Le vignettes pérennelles!
Paul Labarrière si ricordava di una poesia «in cui si parlava di oche e di anatre sguazzanti in uno stagno». Il verso che diamo qui costituiva l'inizio della poesia. D'altra parte, Rimbaud, inviando a Paul Demeny alcuni triolets in una lettera del 10 giugno 1871, aggiunge che questi andranno «Où les vignettes pérennelles,/ Où les doux vers!»
* * *
E il poeta brillo insultava l'Universo.
Et le poéte sôul engueulait l'Univers.
Nel quaderno dato a Paul Labarrière, «l'ultimo testo, più lungo degli altri, — da quaranta a cinquanta versi — occupava una pagina e mezza: era la descrizione della riva di un fiume». Si concludeva con questo verso. È possibile — ma non evidente — che Rimbaud scherzi sui due sensi della parola «univers» e faccia allusione al Café de l'Univers a Charleville. In una lettera a Delahaye, nel giugno 1872, scrive: «Quello che è sicuro, è merda a Perrin. E al banco dell'Universo, che sia di fronte alla piazzetta o no. Non maledico tuttavia l'Universo».
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Piove dolcemente sulla città.
Il pleut doucement sur la ville.
Questo verso è citato da Verlaine in epigrafe alla terza delle Ariettes oubliées nelle Romances sans paroles. Verlaine vi ha attribuito la paternità a Rimbaud.
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Fa' attenzione, oh mia vita assente!
Prends-y garde, ô ma vie absente!
[Scritto a mano da Rimbaud sul verso dell'autografo di Pazienza, prima stesura di Bandiere di maggio.]
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[...] Quando la carovana d'Iran si fermò alla fontana di Ctesifonte, si disperò al trovarla prosciugata. Alcuni accusarono i magi, altri gli imani. I cammellieri si riunirono imprecando [...] Avevano iniziato il viaggio da parecchie lune con [...] carichi d'incenso, d'oro e di mirra. Il loro capo esclamò [...] stabilì di sopprimere [...] Qualcuno accettò.
[...] Quand s'arrêta la caravane d'Iran à la fontaine de Ctésiphon, elle fut au désespoir de la trouver tarie. Les uns en accusèrent les mages, les autres les imans. Les chameliers s'unirent en imprécations [...] Ils s'étaient mis en route depuis plusieurs lunes avec [...] chargement d'encens, de myrrhe et d'or. Leur chef s'écria [...] décida de supprimer [...] Certains acceptèrent.
P. Arnout riferisce nel suo Rimbaud (Albin Michel, Paris 1943), che Jean Richepin, nel 1924, gli lesse un foglietto ingiallito contenente un testo autentico di Rimbaud. Egli ricorda delle frasi che riproduce. Vi sono fondate ragioni in favore della sua autenticità.
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Oh! se le nostre campane sono di bronzo
I nostri cuori sono pieni di disperazione!
Nel giygno milleottocentosettantuno,
Trucidati da un essere nero,
Noi Jean Baudry, noi Jean Balouche,
Dopo aver compiuti i nostri sogni
Siamo morti in questo campanile losco
Disprezzando Desdouets!
Oh! si les cloches sont de bronze,
Nos cœurs sont pleins de désespoir!
En juin mil huit cent soixante-onze,
Trucidés par un être noir,
Nous Jean Baudry, nous Jean Balouche,
Ayant accompli nos souhaits,
Mourûmes en ce clocher louche
En abominant Desdouets!
Questi versi sono stati conservati da Delahaye, che li inserì in un articolo affidato alla «Revue d'Ardenne et d'Argonne» nel 1907-1908. Rimbaud avrebbe scritto questi otto versi durante una passeggiata che i due amici facevano nella campagna di Charleville. Erano saliti all'interno di un campanile avendone trovata aperta la porta. Delahaye in quel momento si lamentava al pensiero di una versione latina che doveva fare; Rimbaud si divertì a maledire il rettore della scuola, Desdouets. Jean Baudry e Jean Balouche erano gli pseudonimi di Rimbaud e Delahaye.
* * *
VERSI PER I CESSI
Di quel sedile montato così male
Che ci fa scompigliare le viscere,
Il buco dev'essere stato fabbricato
Da vere canaglie.
Quando il famoso Tropmann distrusse Kink Enrico
Questo assassino di certo si sedette su questo seggio
Poiché il coglione Badingue e il coglione Enrico V
Sono davvero degni di questo seggio.
VERS POUR LES
LIEUX
De ce siège si mal tourné
Qu'il fait s'embrouiller nos entrailles,
Le trou dut être maçonné
Par de véritables canailles.
Quand le fameux Tropmann détruisit Henri Kink
Cet assassin avait dû s'asseoir sur ce siège
Car le con de Badingue et le con d'Henri V
Sont bien dignes vraiment de cet état de siège.
Queste due quartine si leggono, scritte da Verlaine, sul verso di una lettera che Delahaye gli aveva inviato il 14 ottobre 1883 per comunicargli il testo degli Stupra. Troppman (e non Tropmann, come scrive Rimbaud) aveva assassinato gli otto membri della famiglia Kinck nel settembre 1869. Henri Kinck, citato da Rimbaud, era uno dei sette fanciulli della famiglia Kinck; aveva dieci anni. Badingue era il soprannome di Napoleone III ed Henri V era il conte di Chambord, pretendente al trono di Francia.