Jean-Luc Steinmetz

Jean-Luc Steinmetz, poeta e saggista francese
Jean-Luc Steinmetz, poeta e saggista francese

La donne di Rimbaud

 

L'omosessualità di Rimbaud sembra un dato acquisito. Quanto poi ai rapporti, di conflitto o di complicità, che egli intrattenne con sua madre o con le sorelle, Vitalie e Isabelle, essi hanno fatto scorrere molto inchiostro: forse troppo! Ma si è anche troppo presto dimenticato che Rimbaud nella sua opera parla a più riprese di donne – e in termini ben lontani dall'essere solo satirici o negativi: così come non è detto che la reale presenza di donne (o di ragazze) non abbia temporaneamente segnato alcuni momenti della sua esistenza. […] Se le "svelte ragazzine" delle prime poesie rapidamente degradano nelle sue ridicole "innamoratine", ciò nondimeno resta il fatto che il comunardo Rimbaud denuncia "l'infinita servitù della donna", e che i suoi Deserti dell'amore costituiscono il mirabile taccuino di un giovane uomo che sogna compagnie femminili, proprio come le poesie in prosa delle Illuminazioni reinventano favolose entità dell'altro sesso.
La vita di Rimbaud fu parimenti soggetta all'attrazione di enigmi dalle sembianze femminili: "compagne", "mendicanti", incontri misteriosi – che avessero nome Blanche, Henrika, "la vedova di Milano" o Mariam l'abissina, si tratta di altrettante ipotetiche presenze al suo fianco, troppo spesso passate sotto silenzio dagli stessi specialisti.
Le donne di Rimbaud non mira a distruggere l'immagine nota del poeta omosessuale, ma cerca di mostrare come, lungi dall'essere oggetto di repulsione o di rifiuto, la donna rappresenti per lui una realtà (e una finzione) ora seducente, ora ironizzata. Tener conto di questa realtà tende a modificare l'idea che ci siamo fatta di lui e ci consente di comprendere meglio le sue contraddizioni, i suoi intenti, la sua esistenza.

[…] A gennaio del 1871 viene firmato l'armistizio; a febbraio s'insedia la nuova assemblea, diretta dal Thiers. A quel punto, Rimbaud decide di partire di nuovo per Parigi. Sale sul treno, munito stavolta di un biglietto debitamente acquistato. Giunto a destinazione, girovaga per le strade, sosta davanti alle vetrine delle librerie, fa un'incursione nello studio del caricaturista Andre Gill. Ben presto, non ha più un soldo in tasca. Fame, miseria. Deve tornare indietro.
Questo episodio è tanto più significativo, dal momento che vi s'inserisce una delle voci più sconcertanti a proposito dei suoi problematici amori. In quell'occasione, infatti, Rimbaud non sarebbe stato solo nella sua fuga. Lo avrebbe accompagnato una ragazza di Charleville, realizzando così il progetto da lui formulato in Sognato per l'inverno. Sia Delahaye, sia, poi, Pierquin, un altro amico di Rimbaud, sono espliciti a questo riguardo. Una delle adolescenti innamorate di Rimbaud (ve n'erano dunque diverse), ci dice Delahaye – i cui ricordi, benché tardivi, sono spesso attendibili – "abbandonò, per seguirlo, casa e famiglia". Egli non ci risparmia i particolari: "Senza un riparo [dunque a Parigi], la prima notte dormirono su una panchina. Al mattino egli insisté perché ella partisse, perché prendesse i pochi soldi che, fra tutti e due, possedevano, per andare alla Gare du Nord. Essi speravano che ella sarebbe stata accolta da certi suoi parenti che abitavano in una cittadina nei pressi di Parigi. La ragazza, almeno in apparenza, obbedì. Ma egli non era certo che l'avesse fatto: temeva di averla vista mentre lo seguiva, nascondendosi tra la folla. Mesi dopo, raccontando questo episodio, restava ancora in lui una lacerante inquietudine. Si ritrovarono, poi? Si deve supporre di sì, e che la separazione non sia avvenuta che in seguito". Ecco una serie di informazioni che meritano di essere prese in considerazione. I biografi le hanno utilizzate o neglette a seconda del loro personale sentimento della verità. Il buon senso consiglierebbe di dubitarne: ma è proprio vero che debba sempre farla da padrone? Certo è difficile immaginare che una ragazza di buona famiglia (e, vista l'impenetrabilità degli strati sociali a quel tempo, Rimbaud avrebbe mai potuto conoscerne altre?) s'imbarcasse in un'avventura del genere, a meno di non ricorrere a sotterfugi abilissimi, come, per esempio, addurre il pretesto di andare a far visita a dei parenti a Villers-Cotterèts (il che è quanto, in un'altra versione, riferisce Delahaye). Da quella località vicina a Parigi ella avrebbe potuto raggiungere Rimbaud.
Lo stesso Delahaye ci fornisce d'altronde parecchie varianti. Così, in seguito affermerà che Rimbaud non sarebbe andato a Parigi in febbraio, ma nel mese di maggio, durante la Comune. Per non complicare troppo le cose, mi limiterò a ritenere che Rimbaud abbia fatto un viaggio a Parigi, forse in compagnia, sia a febbraio, sia nell'aprile-maggio del 1871. Qui si pone un altro problema: quello costituito da una lettera spedita nell'aprile dello stesso anno a Demeny, nella quale egli per l'appunto racconta che cosa ha fatto laggiù a febbraio. "Ho visto alcune novità, ecc.". Niente sulla politica, tutto sulla letteratura, in verità poco brillante: una letteratura da stato d'assedio. Un piccolo paragrafo, tuttavia, permette di vedere meglio in quale disposizione d'animo egli si trovasse. "Sì, è felice, lei. Io le dico questo; – e che esistono dei miserabili i quali, donna o idea, non troveranno la Suora di carità". Sotto questa definizione collettiva di "miserabili", come non scorgere lo stesso Rimbaud, forse appena abbandonato? In ogni modo, vediamo qui uno che cerca un aiuto, una consolatrice, amante o idea poetica, e che non l'ha trovata o l'ha persa. Potremmo allora credere che il suo amore per la misteriosa ragazza ha avuto breve durata e che i due si sono lasciati di comune accordo, dopo un'esperienza infelice; ma possiamo anche pensare che la scappata con la ragazza sia avvenuta in seguito e che questa lettera del 17 aprile non potesse dunque tenerne conto. Comunque sia, quando Rimbaud scrive: "Sì, è felice, lei", si riferisce al matrimonio di Paul Demeny, che era stato celebrato il 23 marzo, e sembra che egli vi abbia visto un qualche beneficio. In quello stesso periodo, egli compone una poesia che s'intitola appunto Le Suore dì carità. […] D'altra parte, possiamo benissimo ammettere che ella non l'abbia accompagnato se non nel corso di un terzo viaggio, dopo il 17 aprile (data della lettera che racconta quello del febbraio-marzo) e prima del 13 e 15 maggio, in cui furono scritte le famose lettere dette "del veggente". I margini temporali sono evidentemente assai ridotti. Alcuni pensano che Rimbaud abbia partecipato alla Comune, altri ne dubitano. I grandi testimoni, Delahaye e Verlaine, assicurano comunque che egli si arruolò nei franchi-tiratori. Ora, fra aprile e maggio, parecchie informazioni, evidentemente contestabili, fanno intervenire un'altra storia d'amore. Vediamo ora che Rimbaud avrebbe rivolto un'ardente dichiarazione a un'altra signorina della Città ducale [Charleville]. Pierquin, amico di Rimbaud, scrive: "Ebbe un amore più concreto per una ragazza figlia di un industriale, che egli avrebbe forse voluto sposare". Molto tempo dopo, nel 1912, Berrichon fornirà alcune indicazioni supplementari, di cui peraltro non è la fonte principale, poiché in seguito Pierquin, sempre lui, pretenderà di essere stato il primo ad averle rivelate. Tali informazioni assicurano che la ragazza in questione era "una bruna dagli occhi azzurri" e che Rimbaud l'avrebbe vista alla finestra di una casa del Quai de la Madeleine (egli allora abitava al 5 bis di quello stesso Quai). C'è inoltre un'altra testimonianza, quella di Delahaye. Costui ci parla di una lettera che gli avrebbe inviato Rimbaud mentre egli stesso si trovava in Normandia, durante il famoso mese di maggio 1871: una lettera di quattro pagine scritta in biblioteca su carta da minute... Potremmo pretendere una maggiore precisione? Ora, in questa lettera, parlando della ragazza, Rimbaud avrebbe osservato: "Fisicamente, una sorprendente analogia con Psiche", il che fa dire al poco raffinato Delahaye: "Dal che possiamo dedurre che non era una cicciona" e fa comunque pensare che Rimbaud si riferisse a un modello sia pittorico che letterario. Più che al celebre dipinto di Prud'hon Psiche rapita dagli Zefìri, di cui Rimbaud e Delahaye potevano aver visto una riproduzione (l'adorabile viso di Psiche vi si distingue meno, a dire il vero, del corpo sorretto da putti, ma lei è comunque bionda e non bruna), più che alla tela, altrettanto illustre, del barone Gerard (in cui Psiche, di nuovo bionda, ma con un volto dai tratti più caratteristici e più giovanili di quella di Prud'hon, si lascia adorare da un efebo), io penso all'eroina del grande poema omonimo di Victor de Laprade pubblicato nel 1841.
"La madre ha l'anima cattolica, il padre ha l'animo magistrato" avrebbe ancora scritto Rimbaud, decisamente in vena di confidenze. Di conseguenza, egli avrebbe inviato alla bella "un'epistola molto cortese" con la quale le dava appuntamento allo Square de la Gare, il famoso Square di Musica in piazza. "Psiche" dovrebbe dunque essere annoverata fra le "svelte ragazzine" che egli seguiva "come uno studente". Comunque sia, la ragazza sarebbe venuta all'appuntamento, ma accompagnata dalla sua governante, per nulla più rassicurante di un padre "dal tremendo solino inamidato". "Psiche", vedendolo tutto impacciato nei suoi vestiti poveri e stretti, gli avrebbe rivolto uno sguardo "illodabile". La parola, riferita da Delahaye, è di Rimbaud: già vetusta a quel tempo, i decadenti ne alimenteranno il loro repertorio. "Illodabile", cioè che sfida ogni lode, che è al di sopra di ogni lode. Quanto a lui, davanti a lei e al rispettabile chaperon che l'accompagnava, non senza ridere del "signorino", egli sarebbe rimasto sbigottito "come trentasei milioni di barboncini neonati". Possiamo credere a Delahaye se non altro grazie a questa citazione: un'espressione del genere è di quelle che non s'improvvisano. Evidentemente l'idillio, ancora neppure abbozzato, finì lì, tanto più che il padre di lei inviò il giorno dopo alla signora Rimbaud una lettera con cui la informava delle intempestive audacie del figlio.
Poche sono le informazioni sull'"illodabile" di cui disponiamo. Delahaye afferma che ella era di alcuni anni più vecchia di Rimbaud. In una nota manoscritta del 1897, egli riferisce che Rimbaud avrebbe "conosciuto la donna" nel 1870 (visto tutto quello che abbiamo detto prima, avremmo preferito il 1871). "Una donna di sedici anni, ma una donna, il solo vero amore che egli abbia mai avuto". Viene allora da pensare alla prima, quella che Rimbaud smarrì fra la folla. Ma Delahaye dice "una donna" e non "una ragazza". Dunque, non sembra trattarsi né della ragazza del febbraio 1871, né di "Psiche". Dobbiamo ancora ricordare, per dire tutto ciò che può avere a che fare con questa donna di sedici anni, che di Rimbaud ci restano i frammenti di una poesia che era di circa venti o trenta versi. Si trattava "di un piccolo romanzo, semplice e molto sintetico". Stranamente, Delahaye non ne ricorda che il primo verso:

Bruna, aveva sedici anni quando la maritarono

e l'ultimo:

Poiché ama d'amore il figlio diciassettenne.

Strani, questa poesia sull'incesto e l'età dei protagonisti! Questo "figlio" ha più o meno l'età di Rimbaud; e la "madre" si è sposata proprio all'età che avrebbe avuto la giovane donna di cui Delahaye ci dice che fu il grande amore di Rimbaud. Naturalmente, in casi del genere ci si può domandare se elementi tratti dai testi non siano stati utilizzati dai biografi per colmare delle lacune in mancanza di prove più sicure... D'altronde, la storia di "Psiche" conoscerà altri sviluppi. Pierquin, facendo dapprima il misterioso (per pudore? per discrezione?), una cinquantina d'anni dopo si deciderà finalmente a parlare e a pronunciare un nome su cui i rimbaldofili non si soffermeranno eccessivamente: "Credo di sapere che si trattasse di una certa Blanche Goffinet, il cui padre era un fabbricante di spazzole nel quartiere della via degli Ebrei". Qualcuno è voluto andare a vedere la cosa più da vicino. È andato a consultare gli archivi. I Goffinet, alcuni dei quali vivono ancora nella Città ducale, abitavano al numero 13 de la rue Saint-Barthélemy, non lontano dal Quai de la Madeleine. Rimbaud avrebbe potuto benissimo vedere la ragazza; anzi, l'ha perfino sicuramente vista. L'eventualità di loro possibili rapporti di vicinato è assai ben fondata. La stessa signora Rimbaud abiterà in seguito in rue Saint-Barthélemy, al numero 21. Quanto a Blanche, conosciamo la sua data di nascita: 21 aprile 1856. Dunque nel 1870 aveva solo quattordici anni. Di conseguenza, non può essere la "donna" di sedici anni e perciò neppure, a meno di una certa confusione da parte di Delahaye o di un difetto della sua memoria, l'"illodabile", di cui egli precisa che era "più vecchia" di Rimbaud.
In chiusura, provvisoriamente, di un dossier piuttosto ricco, ricordiamo ancora un altro nome, a proposito del quale il suo intrepido "scopritore", Alain Goldie, in seguito completamente dimenticato, non sembra, ai suoi tempi, avere avuto alcun dubbio. In questo caso, non si parla più di Blanche Goffinet, ma di una tale Marie-Henriette Hubert (che si firmava Maria), nata il 6 febbraio 1854 a Charleville, i cui dati segnaletici sembrano corrispondere punto per punto a quanto si presumeva. Figlia di un fabbricante di chiodi (professione frequente nella Charleville dell'Ottocento), era orfana del padre, Louis Hubert, morto nel 1864. Evidentemente, questo padre morto sette anni prima non collima col presente che troviamo nella frase di Rimbaud: "Suo padre ha [sottolineatura mia] l'animo magistrato"; ma ciò poco interessa ad Alain Goldie, il quale, basandosi su una lettura errata del manoscritto della lettera, tuttavia esulta quando constata che quel Louis Hubert era stato altra volta presidente del tribunale commerciale della città, e che, sia dal lato Hubert, sia dal lato Regnaut (il ramo materno di Maria), fra gli ascendenti di Maria stessa si contavano non meno di cinque presidenti di quel medesimo tribunale! Maria abitava nel cuore della città, in rue Saint-Michel 11, l'attuale rue de l'Église. Ma ciò che doveva maggiormente rallegrare il nostro detective rimbaldiano fu la scoperta in certi depositi familiari (successivamente non più consumabili) di un dipinto ad olio che raffigurava la ragazza e di una fotografia della medesima, che, nel 1874, ancora minorenne, doveva sposare un notaio di dieci anni più anziano di lei (a cui darà una figlia, senza peraltro sopravvivere a lungo al parto, poiché morirà alcune settimane dopo). Commovente è la reazione di Alain Goldie alla vista del ritratto di Maria: poiché egli vi riscontra (ma c'era da scommetterlo) una impressionante rassomiglianza con la famosa Psiche della tela del barone Gerard. Dopo una così perfetta dimostrazione e tante così precise coincidenze, si sarebbe potuto pensare che il mistero fosse definitivamente risolto. Ma era troppo bello per crederci: Marie-Henriette Hubert si è, come Blanche, cancellata dalla memoria storica. Gli aneddoti, troppo numerosi, si sono annullati a vicenda a vantaggio di una ancora più grande incertezza, anche quando è plausibile pensare che alla loro origine vi sia qualche fondamento di verità.

Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)